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12/01/2011 -

Il computer accelera con i diamanti

«In un secondo calcoli
oltre la fantasia»

ROBERTO FABBRI

È già in cantiere il computer più potente mai costruito dall'uomo. Il suo segreto? Va a diamanti. Le informazioni, viaggiando a bordo di un raggio di luce lungo microcanali scavati da un acceleratore di particelle, giungono agli angoli, dove brilla il più duro e prezioso di tutti i gioielli. Proprio questi «centri di luminescenza» saranno il «laboratorio» dei computer del futuro.

Non è un racconto di fantascienza, ma un esperimento made in Italy che porterà ai primi computer quantistici, «capaci di compiere in un secondo calcoli che uno odierno farebbe in alcuni anni». Il paragone è di Paolo Olivero, ricercatore del Dipartimento di fisica sperimentale dell'Università di Torino e dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) torinese che, assieme a Federico Bosia (Dipartimento di fisica teorica dell'Università e Infn di Torino) e ai colleghi del Laboratorio per i beni culturali (Labec) dell'Infn di Firenze, dell'Istituto nazionale di ottica del Cnr e dei Dipartimenti di energetica e fisica dell'Università di Firenze, ha pubblicato lo studio su «Physical Review Letters».

Per migliaia di anni i calcoli si sono fatti a mano, per altre centinaia con mezzi meccanici, fino all'avvento dell'elettronica, che utilizza i processori, piccoli cuori di silicio. Il calcolatore del futuro, invece, ha un cuore più duro, ma una «fisiologia» delicata: i centri di luminescenza del diamante dove avviene il luccichio in stile arcobaleno sono dovuti a «irregolarità nel reticolo di atomi» che compongono il cristallo. «Abbiamo fatto in modo - spiega Stefano Lagomarsino dell'Infn di Firenze - che questi “difetti”, in corrispondenza dei quali avvengono fenomeni di assorbimento e di emissione della luce, fungano da centri di calcolo delle informazioni che trasporta».

I centri di luminescenza del diamante sono quindi dei laboratori naturali che gli scienziati, in virtù della capacità di influenzare le proprietà di fotoni, utilizzano come veri e propri processori per il calcolo quantistico. Ma come avviene? «Il raggio di luce - spiega Lagomarsino - è veicolo di numerose informazioni». Un esempio? «È informazione anche semplicemente il fatto che la luce sia accesa o spenta, ossia se passi o meno nel diamante. L'informazione “sì” o “no”, del resto, è alla base del codice binario». Ma le proprietà di un fotone e, quindi, il suo utilizzo come veicolo di informazioni sono molteplici, per esempio lo spin elettronico ad esso associato, che indica la direzione - oraria o antioraria - di rivoluzione della particella. Altro esempio: «Il fotone può avere diversi stati di polarizzazione, ulteriore elemento che costituisce informazione».

L'Istituto nazionale di ottica del Cnr ha ideato le «guide», ossia le gallerie artificiali larghe pochi centesimi di millimetro, scavate nel diamante dall'acceleratore di particelle di Firenze: sono queste a trasportare la radiazione ai «difetti» del reticolo degli atomi. «Così - continua Lagomarsino - la luce segue percorsi obbligati verso i centri di luminescenza, dove i fotoni cambiano stati quantici, fornendo i segnali sfruttabili da questo nuovo modello d'informatica». Olivero sotttolinea le applicazioni di questi computer - è il caso di dirlo - veloci come la luce: «Dati importanti che circolano su Internet, come i numeri delle carte di credito, i certificati di identità o i codici d’accesso alle banche d’informazioni, sono informatizzati con tecniche impossibili da decodificare in tempi ragionevoli, a meno di disporre una tecnologia come la computazione quantistica».

La sinergia tra i centri di Firenze e Torino non è una novità del made in Italy nelle scienze da calcolo. Il primo computer, del resto, l'hanno inventato gli italiani. «Negli Anni 50 - spiega lo storico della tecnologia Vittorio Marchis del Politecnico di Torino - nei laboratori di Barbaricina, l'italocinese Mario Tchou e Adriano Olivetti portarono a termine l'Elea 9003, il primo computer a transistor della storia».

I calcolatori - si sa - sono tecnologia «sensibile»: sono stati gli 007 della Seconda guerra mondiale e della Guerra Fredda. Hanno lanciato i satelliti e mandato l'uomo sulla Luna. Ma, con la morte quasi contemporanea di Olivetti (1960) e Tchou (1961), la culla dell'informatica si spostò definitivamente negli Usa. Da quella culla il «piccolo genio» italiano ritrova oggi le sue origini.

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